VISITE A SORPRESA (Donna Margherita – Vico II Alabardieri, Napoli)

Dopo una decina d’anni di tranquillità, di passaggio, prima di fermarsi un paio di settimane a Ischia per poi scendere in Sicilia, ti piombano in casa un tuo zio (che da anni vive nel profondo nord) con relativa moglie, figlia (che ricordavi carina, ma adesso che s’è sposata è diventata la copia più alta e massiccia di tua zia), il marito (calvo e perennemente sudato), i tre bambini (dei quali sai già che non riuscirai mai, in ogni caso e con tutta la buona volontà, a far coincidere le facce con i nomi) e il figlio con la fidanzata (che per fortuna è effettivamente carina, anche se per rimarcare la provenienza stringe la parlata lomellina in un’unica sequenza di vocali aperte e lunghissime). C’è poco da fare, ti tocca, a patto di voler continuare ad avere un rapporto con tua madre, organizzare un’uscita a Napoli per una pizza, napoletana doc, tutti insieme (tranne tua madre che, furba, troverà all’ultimo minuto una scusa per non venire).

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Tra i tuoi ospiti c’è chi ne ha nostalgia, chi non l’ha mai mangiata, chi non vede l’ora di mangiarla e chi, proprio come te, ne farebbe volentieri a meno. Ma visto che ci sei, con fiero orgoglio napoletano, ripromettendoti di non infilzare tua zia acquisita (figlia di emigranti calabresi ma naturalizzata padana) al prossimo riferimento alla spazzatura, cominci a passare in rassegna le varie possibilità per effettuare la scelta migliore, e mentalmente segni le priorità. Allora, è importante che sia: in un bel posto (magari un bel quartiere), un locale elegante (ma che sappia ospitare comodamente tavolate di dieci, dodici persone), che oltre alla pizza possa offrire anche altro (mai negare a un turista uno spaghetto a vongole), che non costi troppo (il rischio che il conto alla fine tocchi a te è abbastanza alto), che offra una bella e tranquilla passeggiata post cena (il pensiero dei 120 cm di girovita di tuo zio, alle prese con una notte di digestione a pochi passi dalla tua stanza, già ti agita) e che, ovviamente, sia in grado di preparare una pizza all’altezza della situazione.

Lasci le auto al parcheggio di via dei Mille e t’incammini giù verso via Alabardieri. La zona è bellissima, palazzi e testimonianze liberty ovunque. Vedi tua zia, tua cugina e la fidanzata di tuo cugino, vestite casual per non attirare troppo l’attenzione e intente solo a tenersi la borsetta ben stretta guardarsi intorno con aria preoccupata, mentre i super griffati e lucidatissimi ragazzi dei baretti (la serie di bar per l’happy hour famosa e frequentatissima dalla “Napoli bene”) le osservano come i milanesi guardavano Totò e Peppino al loro arrivo alla stazione di Milano col colbacco. Riprendi a pregare che la serata passi presto. Finalmente arrivi al donna margherita. È giovedì sera, la prenotazione ti mette al riparo da eventuali file (a questo punto pagheresti anche due volte il conto purché tua zia, mai andata così d’accordo con la futura nuora, si mettesse al più presto seduta, e il più possibile, lontano da te).

Il giardino interno, d’estate, è davvero carino. Certo, è un po’ difficile credere che limoni, mele e grappoli d’uva possano maturare tutti contemporaneamente, ma l’effetto è assicurato, il tetto di foglie del gazebo è pittoresco e dà una bella sensazione di fresco. Le lampade in stile con la vetrata in ferro battuto che raccoglie un dipinto di piazza dei Martiri, accorda bene l’interno con i palazzi della strada.

Qui la cena può cominciare a partire dal classico cartoccio, una fritturina napoletana a base di crocchè, arancini, pizzette d’alghe e patatine fritte, così, giusto come antipasto. E nell’attesa delle pizze, tuo zio può trovare il tempo di macchiarsi cravatta e camicia con una deliziosa ’mpepata di cozze (una volta insaporito e scaldato l’olio con l’aglio e il peperoncino in un grosso padellone si aggiungono le cozze ben lavate e si lasciano cuocere fino a che il calore non le fa aprire).

Le pizze in tavola arrivano fumanti e il profumo del basilico, per fortuna, riesce a superare l’acqua di colonia di tua zia (e dire che pensavi non la producessero più da almeno cinquant’anni). La pizza margherita è quasi da disciplinare, il fondo è pulito e s’avverte appena una leggerissima spolverata di grana. Ma sei troppo impegnato a capire come faccia tuo cugino a non ustionarsi addentando un ripieno (ricotta, fior di latte e prosciutto) che dall’aspetto sembra davvero bollente. La pasta esterna è dorata e croccante, e l’effetto filante del fior di latte ha fatto pentire la fidanzata che si era tenuta su una quattro formaggi, senza gorgonzola e mignon (senza gorgonzola? l’unica cosa interessante della quattro formaggi). I tre ragazzini (ops… all’improvviso ti accorgi che in realtà uno di loro è una femminuccia, e capisci che quello che indossava non era un pantaloncino largo ma proprio una gonna) hanno optato per due pizze con wurstel, patate e mozzarella e un piatto di spaghetti bottarga e lupini. Deve essere senz’altro la ragazzina pensi. Sbagliando. È il più piccolo (otto anni) che non perde una puntata di Simone Rugiati al Gambero Rosso Channel.

Intanto tuo zio sta litigando con gli scampi nel piatto dei suoi scialatielli di Margherita (pomodori saltati con gamberoni, scampi e frutti di mare) che si vendicano con un’altra patacca d’olio, questa volta sulla giacca. Mentre il marito di tua cugina (cavolo, ma l’hai mai sentito parlare?), suda ancora di più cercando di attorcigliare le linguine intorno alla forchetta del suo piatto di linguine all’astice. Tua zia al solito, non ha problemi a tenere tutto sotto controllo, come i suoi paccheri del golfo (pomodorini saltati con un trancio di pesce e frutti di mare). In tavola si è già alla terza bottiglia di falanghina, alla quinta di birra e alla centesima lattina di coca cola. Risultato: i ragazzini sono sempre più iperattivi e cominciano a fare boccacce in giro (a parte l’aspirante chef che fissa con l’occhio languido una meravigliosa bimbetta di colore con due nastrini in testa seduta al tavolo di fronte), gli adulti sudano lamentandosi del caldo (bere e ingozzarsi un po’ meno, no?) e la ragazza di tuo cugino comincia a flirtare con tutti. Tranne che con te. E per quanto di lei non te ne freghi assolutamente niente, la cosa comincia a darti un po’ fastidio.

Finalmente il dolce, e per accontentare le richieste, nell’ordine arrivano: tre fettine di torta alla nutella (pan di spagna, nutella e panna), una piramide di cioccolato, tre fettine di torta caprese, due di babà, due di zeppolona con chantilly e fragoline e quattro cocotte di crema catalana. Evidentemente i conti non tornano, qualcuno ha ordinato qualcosa di troppo. E mentre tuo zio sta cercando il modo di sporcarsi con la chantilly della zeppolona, il futuro chef si alza con le due cocotte e due cucchiaini, si presenta ai signori del tavolo di fronte e chiede alla bimbetta se ha mai assaggiato la catalana, facendole subito vedere come rompere la crosticina di zucchero bruciato col cucchiaino.

Però. Forte questo Simone Rugiati, dovrei cominciare a seguirlo più spesso…

Il brano è tratto da 90passi nella gastronomia napoletana, un piccolo libro uscito nel 2011 che mi ha regalato tantissime soddisfazioni, una trentina di presentazioni e oltre 2.500 copie vendute.

Lobster Roll ?

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Ok. Qualcuno dirà che me la sono cercata.

Ma io sono fatto così, e se per milioni di canadesi e americani il Lobster Roll è un must (il nostro salsicce e friarielli per intenderci) io mi sento in dovere di assaggiarlo.

E certo, quello proposto dal Mc Donald’s sicuramente poco o nulla avrà in comune con la ricetta classica, ma è altrettanto innegabile che grazie al marchio del clown in queste 3 settimane di questi panini ne saranno venduti centinaia di migliaia anche in Italia.

E io sono fatto così, non potevo non assaggiarlo.

Il costo. Nove euro e dieci centesimi (arrotondati a 10euro con una bibita) per questo panino farcito con 30-40 grammi di astice canadese, songino, condimento catalano e pomodorini.

Il gusto. Terribile.

Buona l’idea del panino dolce caldo che accoglie questa insalata fredda, ma il risultato è pessimo, o meglio, inutile. Del panino si sente solo il sapore dello zucchero e il classico retrogusto artificiale del Mc, dell’insalata di astice condita alla catalana solo il sapore dell’insalata e del pomodoro (niente cipolla, limone e, non di meno, niente astice !).

Risultato. Dopo il primo morso tutti a riempirlo di maionese rimpiangendo la rosetta (o michetta) con tonno in scatola, pomodori e basilico.