C’è qualcosa di terribilmente attraente e allo stesso tempo molesto nel leggere il capolavoro di Patrick Süskind, ed è una sensazione che ti accompagna – senza alcuna evoluzione (senza che ne diventi un limite) – per tutta la lettura del romanzo.
La prima è che gli uomini sono e restano comunque, per quanto cerchino di elevarsi (magari coprendo i loro odori con essenze profumate), animali. E quando Süskind pensa agli animali non immagina l’universo Disney o la rappresentazione – tutta umana – del mondo animale come esempio di lealtà e buoni sentimenti ma solo un sistema dove l’etica è del tutto assente e il bisogno (o desiderio, per lui è lo stesso) è l’unico motore per ogni azione. Continua a leggere
