Può il gioco degli scacchi diventare esaltante e cinematografico anche per chi di scacchi capisce poco o nulla? Se siete appassionati di “belle storie” e avete visto o guarderete The Queen’s Gambit sicuramente la risposta è sì.
Non badate al titolo italiano “La regina degli scacchi” il titolo originale – che poi è quello pensato dal genio dello scrittore Walter Tevis – suoi anche The Hustler (tradotto con Lo spaccone, indimenticabile film con Paul Newman) e L’uomo che cadde sulla terra (primo film da attore di David Bowie) – ha un significato molto più complesso (proprio come questa miniserie), dove Gambit significa “gambetto” che si usa per indicare una mossa degli scacchi e suona come “il sacrificio della Regina”.
Anya Taylor-Joy, la protagonista del film è bravissima e regge perfettamente quasi sei delle sette puntate della miniserie, ma senza Isla Johnston che interpreta in maniera straordinaria la stessa protagonista da ragazzina il personaggio di Beth Harmon non avrebbe la stessa potenza e credibilità.
Può il gioco più antico del mondo godere in maniera sana di “effetti speciali”? Certo. Le scene dei pezzi che calano giù dal soffitto come statue di una cattedrale gotica sono stupende e funzionali.
Altra mossa vincente, anche grazie a The Queen’s Gambit, scopriamo che gli elementi che saranno caratteristici di un personaggio si possono introdurre senza doverli spiegare con voci fuori campo, 50 flashback e 12 dialoghi. La nascita della passione per la moda di Beth (che diventa un piacere per lo sguardo degli spettatori visto che indossa molto bene il meglio dei vestiti anni ’50 e ’60) si origina da un paio di piccoli dispiaceri e non da mega drammi.
In conclusione, davvero un bel coming of age con tanto di riscatto personale, deliziosamente femminista, che inizia con un incidente e termina su di un tavolino a Mosca. Da non perdere.
(in programmazione su Netflix)