Di solito vale sempre la pena aspettare la conclusione di un libro, film o una serie tv prima di esprimere un giudizio, ma, in questo caso, il credito accordato a Nicole Kidman, al bel cast e a Liane Moriarty (autrice della storia, la stessa di Big Little Lies), si esaurisce già molto prima della metà delle puntate previste e quando si arriva, stancamente e per ostinazione, al quinto episodio, l’opinione già abbastanza definita alla fine del secondo episodio si delinea in maniera netta.
Nine perfect strangers non funziona.
L’idea di restare sospesa tra dramma, mistery e giallo è fallimentare perché nessun aspetto della storia – né il dramma, né il mistery né il giallo – riesce mai a catturare l’interesse dello spettatore. Ogni colpo di scena drammatico si allaga nella noia di una narrazione incomprensibilmente compiaciuta, i flash back “mistery” su Masha Dmitrichenko (la Kidman), sono così poco attraenti da rallentare ancora di più un racconto che procede zoppicando.
L’atmosfera un po’ hippy e po’ new age del “centro benessere immerso nella natura” lontanissimi dallo scandalizzare o meravigliare, risulta intrigante quanto una macchinazione dei concorrenti all’isola dei famosi per portare qualcuno al televoto.
In definitiva, se qualcuno ha capito il senso di “Nine perfect strangers”, gliene sarei davvero grato se provasse a spiegarmelo.
In programmazione su Amazon Prime.