In cinque piccole parti una bella chiacchierata fatta con i ragazzi dell’Istituto Severi per un progetto scolastico (17 aprile 2020).
D: Realtà e fantasia. Secondo lei, quale romanzo potrebbe rispecchiare il periodo che stiamo vivendo per il coronavirus e perché?
R: Qui probabilmente vi deluderò perché magari vi aspettate che citi uno dei tanti romanzi apocalittici su contagi, pandemie o cose del genere che in questo periodo stanno girando sui social, invece, questa situazione mi fa pensare alla stanza 1-0-1 di 1984 di Orwell. In questa stanza le persone erano chiamate a fare i conti con le loro fobie più vivide. Era un posto dove le pene venivano inflitte non a seconda di quanto tu avessi fatto ma a seconda di quanto tu più avessi paura. E questa situazione è – in maniera estremamente crudele – un po’ così, più una persona è lontana da fobie e paure, più riesce a viverla meglio.
D: Può immaginare e descrivere un finale per questo “romanzo reale” che stiamo vivendo dove il protagonista “invisibile” è il coronavirus?
R: Certo, questo è abbastanza semplice perché, per fortuna, l’evoluzione ha dotato il nostro cervello di una meravigliosa arma: la capacità di dimenticare. Quando il coronavirus non sarà più l’unica notizia (un po’ per le scoperte mediche, un po’ per quelle tecnologiche e, non ultime, per la nostra assuefazione), la vita ricomincerà esattamente come prima. Gli scenari di distanziamento o isolamento sociale che pure si leggono o stanno girando sono solo intrattenimento teorico per un fatto molto semplice, non sono sostenibili troppo a lungo né economicamente né antropologicamente essendo l’uomo un animale sociale.
D: Quali sono le maggiori difficoltà del mestiere di scrittore ai tempi del Coronavirus?
R: Max Tooney, il trombettista amico di Novecento del bellissimo racconto di Baricco a un certo punto del libro, durante una terribile tempesta, dice: (vado a memoria) “per uno che suona la tromba, durante una tempesta su una nave non c’è molto da fare, al massimo può evitare di suonare la tromba.”. Bene, io credo che per chi scrive valga un po’ la stessa cosa, vivere questo periodo cercando di non dare fastidio – evitando di lamentarsi (il nostro è un mestiere molto privilegiato) – è già una buona cosa.
D: Questo periodo di quarantena le ha ispirato qualche nuova storia?
R: Più che ispirarmi qualcosa mi ha spinto a una promessa: non scrivere niente su questo periodo almeno per un buon numero di anni. Per scrivere di queste cose devi essere un genio. Una delle cose più belle scritte sul nazismo è arrivata nel 2004 dalla penna geniale di Philip Roth (Il Complotto contro l’America).
D: Un thriller di Dean Koontz , pubblicato in inglese circa 20 anni e ora tradotto anche in italiano con il titolo “Abisso -Coronavirus il romanzo ” , aveva in un certo senso preannunziato questa pandemia parlando nella trama di un virus creato a Wuhan in una laboratorio cinese. Secondo lei è solo fantasia creativa oppure verosimiglianza più reale dell’attualità?
R: Questa domanda mi diverte molto perché la storia del libro di Koontz sarebbe perfetta per un articolo del Blog di Gabriel (tra i protagonisti di Layla). In realtà quando il nostro Dean Koontz scrisse nel 1981 “The Eyes Of Darkness” uscito adesso col nome “Abisso – Coronavirus”, l’arma biologica si chiamava Gorky-400 perché 400esimo microorganismo creato in questo laboratorio in Russia. Nel 1981 si era in piena guerra fredda e quindi il nemico veniva da lì. Per quanto fosse presente nell’immaginario il nome Gorky basta pensare al celebre film intitolato Gorky Park – anche se non c’entra nulla con i virus. Quando poi nel 2008 si è tentato di rilanciare il libro, per renderlo più attuale si è pensato bene di sostituire la Russia con la Cina e la città di Gorky con Whuan, sede di un laboratorio di biochimica. Lascio a voi trarre le dovute considerazioni. Gabriel liquiderebbe il tutto sotto il capitolo di “coincidenze significative” dove il significato è dato solo da una (s)fortunata circostanza.
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