Complice, forse, un cielo grigio abbastanza insolito per questo punto di marzo, da stamattina mi frulla in testa questa canzone. Ma non in una delle stupende versioni che più o meno tutti quelli che amano la buona musica conoscono, nossignore, nella versione breve e certamente non indimenticabile di Jonah Jones.
Io questo vinile l’avevo, anzi, l’avevo “ereditato” da mio padre che chissà come e perché l’aveva comprato nel 1959. Per me questo disco ha il sapore dei pomeriggi da bambino passati nella camera vuota (e in penombra) dei miei genitori quando disubbidendo al divieto di toccare cose che non avrei dovuto saper far funzionare, lasciavo girare questo disco sul piatto di un giradischi vecchio (non antico, proprio vecchio, di quelle fonovaligie mono di plastica gracchianti) e, un po’ spaventato e un po’ felice, mi lasciavo sorprendere della malinconia che mi saliva.
All’epoca non avevo idea di chi fosse Gershwin, di cosa fosse quella musica né perché avrei amato tanto gli accordi minori e le settime con la quinta bemolle.
Se vi va, ascoltate questa versione di A Foggy Day, comunque non è niente male…
25 marzo, 2020