Gli altri OTTANTA: WarGames, altro che Gioventù Bruciata.

Se il lato edonistico, individualistico, aggressivo e militaristico degli anni ’80 è quello che sicuramente più e meglio ha caratterizzato il decennio, non si può comunque trascurare l’onda lunga pacifista e progressista ereditata dagli anni ’70.

WarGames

Ed è proprio John Badham , un regista che in qualche modo ha fatto la storia degli anni della disco e dei pantaloni a zampa d’elefantecon il suo “La febbre del sabato sera” (il film generazionale che lancia John Travolta nell’universo delle star nel 1977) a segnare un punto nella coscienza antimilitaristica degli anni ’80 con Wargames, uscito proprio nel 1983, l’anno in cui Ronald Regan dava un nuovo forte impulso all’escalation agli armamenti, cercando proprio di risolvere lo stallo raccontato nel film investendo milioni di dollari nel progetto “scudo spaziale”.

“L’unico modo per vincere la terza guerra mondiale è non combatterla” questa la laconica conclusione alla quale arriva – dopo una sezione di autoapprendimento giocando a tris – l’intelligenza artificiale che ha mano i destini del mondo: bel messaggio, funzionale e condivisibile. E geniale l’idea che un giochetto come il tris (tic-tac-toe nel film) proprio quello che si faceva a scuola da bambini con le nove caselle, le X e le O, quello che una volta imparato termina sempre con una patta, servisse al mega computer dell’esercito americano più di qualsiasi complicata simulazione per capire che con tutte le bombe puntate su ogni città di entrambi i blocchi nessun vantaggio si aveva nel far alzare per primi i missili terra area, il risultato sarebbe stato comunque quello di un pareggio, per quanto significasse distruzione totale di ambo gli spiegamenti.

Tutto molto bello e funzionale, tra l’altro raccontato in maniera veloce e coinvolgente con i due giovani protagonisti (al tempo delle riprese entrambi avevano 20 anni, anche se ne dimostravano 4-5 in meno), Mattehw Broderich perfettamente credibile nel ruolo del giovane hacker equamente diviso tra il pc e la cotta per Alley Sheedy, mai più così carina e intrigante sul grande schermo.

Ma quello che in realtà fa di Wargames qualcosa di più di una bella pellicola pacifista legittima figlia della guerra fredda di quegli anni è altro. Il vero protagonista di tutta la vicenda non è solo il pericolo della guerra nucleare, il flirt tra i due ragazzi o la solita figura da ottusi che spetta ai militari in ogni film pacifista.

Il protagonista assoluto è un conflitto generazionale molto più spinto di “ribelli senza una ragione” al successo in Italia con il titolo “Gioventù bruciata” e James Dean già consegnato al mito.

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Qui gli adolescenti un motivo per ribellarsi ce l’hanno ed è bello grande: l’assoluta inefficienza degli adulti che hanno portato il mondo al punto dove il futuro stesso è messo in discussione.

David (il personaggio di Broderich) per tutto il film si mostra più intelligente e a suo agio nel “suo” tempo degli adulti e delle autorità che lo circondano, utilizzando gli strumenti del “suo” tempo, computer e tecnologia si prende gioco dei genitori (che non riescono in alcun modo a stargli dietro), della scuola (come segno di corteggiamento trasforma una E in una A alla sua Jennifer collegandosi dal pc sua cameretta), della difesa degli Stati Uniti (anche se in realtà vorrebbe entrare nel sistema di una casa di videogames si ritrova nel cuore del sistema della difesa del Pentagono), dell’esercito (con un semplice walkman scappa da una cella dove era stato recluso).

A una visione più superficiale potrebbe sembrare che il conflitto vero sia tra le macchine (in questo caso computer) e gli uomini, il film si apre con un ufficiale che durante un attacco (in realtà si tratta di un’esercitazione) si rifiuta di lanciare dei missili nucleari contro obiettivi nell’URSS e questo (visto che il 22% dei lanc i era fallito per questo tipo di scelta umana) aveva convinto la difesa a bypassare gli uomini e ad affidare i codici di lancio a un calcolatore che in caso di input di attacco da parte del nemico avrebbe provveduto per conto suo direttamente al contrattacco.

Certo, ma qui non siamo nel territorio di macchine che si ribellano, come il tecnologico e cowboy Frankenstein di Yul Brynner del Mondo dei Robot del 1973. Qui le macchine, se pur dotate di sintonizzatore vocale o del nome di una persona, si limitano a fare quello per le quali sono stata programmate.

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E’ il potere (ancora una volta rappresentato dagli adulti) a non sapere programmare le “macchine” e se il comportamento spregiudicato di David quasi rischia di far scoppiare il conflitto mondiale altro non è che un “male necessario” per svelare e porre rimedio, perché ancora in tempo, alla deriva che il sistema degli adulti stava portando il mondo in rovina.

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