Potenza e dimostrazione di quanto Sky riesca a incidere sulla società italiana ben oltre il numero di abbonamenti, Gomorra è diventato, piaccia o no, un fenomeno sociale. Le clip de “Gli effetti di Gomorra sulla gente” viaggiano a milioni di visualizzazioni, le parodie di Gomorra a Made in sud continuano a totalizzare milioni di spettatori.
Due le principali obiezioni che vengono mosse alla serie e che sono dibattute, più o meno brillantemente, da quando è iniziato il successo.
La prima, è quanto la rappresentazione di una Napoli scura e pericolosa possa fare bene all’immagine della città da poco ripulitasi dello scandalo della spazzatura. Dati certi rispetto a questo timore non è semplice ricavarne, di sicuro il turismo a Napoli, per tutta una serie di fattori, soprattutto endogeni, nonostante Gomorra, pare godere di ottima salute.
La narrazione di una città, per fortuna, è la somma di molte cose, quindi non è difficile ipotizzare che la realtà descritta da Gomorra vada a sovrapporsi semplicemente a quella delle notizie sulla camorra tg e ai racconti di Saviano sui giornali e in tv, affiancandosi all’altra faccia di Napoli, quella pure raccontata delle bellezze, della storia, di Pino Daniele, Alberto Angela ecc.
La seconda è il rischio emulazione, e qui la faccenda diventa meno scontata. È chiaro che, riportando una visual che sta girando in rete, non è che guardando Don Matteo si corra a diventare preti, ma l’effetto “ispirazione” che una serie di successo (molto più di un film per una semplice questione di tempo di esposizione) può avere sulle persone è innegabile e oggetto di letteratura scientifica.
Già a partire dal 2005 gli americani hanno iniziato a studiare gli “effetti di Csi sulla gente” anzi, per dirla come è poi passato nella letteratura scientifica il CSI Effect, arrivando a tre conclusioni (più una) molto interessanti: la prima, l’aumento di iscritti ai corsi di medicina forense (dato riscontrabile facilmente anche in Italia), la seconda, una diversa aspettativa verso le indicazioni della “scientifica” in aula, la terza, un diverso grado di preparazione dei criminali, più attenti a non lasciare tracce (mozziconi di sigaretta, ecc).
L’ultima, ancora più interessante, la maggiore propensione a intervenire, nel caso di aggressione sessuale, per difendere la vittima. E anche questo si spiega abbastanza facilmente, conoscere (se pur nella finzione) le “vittime” di violenza ci rende più “empatici”.
Ma torniamo a Gomorra.
Può una persona tranquilla e pacifica che guarda la serie tv decidere di diventare da un giorno all’altro il Savastano del suo rione? Mi sentirei di escluderlo. Ma potrebbero dei ragazzini già costretti a crescere in ambienti più o meno border-line assumere o amplificare degli atteggiamenti camorristici come vedono nella serie tv? Credo che nessun sociologo potrebbe escluderlo.
Quindi? Vietare o condannare la visione di Gomorra? Neanche per idea. La tv fa il suo mestiere, creare programmi di successo. La risposta al disagio e a far sì che la fiction resti solo fiction spetta alle Istituzioni.
Per dirla in breve, la “società” napoletana dovrebbe preoccuparsi molto di più di non accettare una Istituzione che tollera gesti e atteggiamenti camorristici dei parcheggiatori abusivi. Per cominciare…
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