In futuro (cioè oggi), tutti potremo godere di 15 like di celebrità.

La celebre frase, “In futuro tutti saranno famosi per 15 minuti” (già in un catalogo nel 1968), era così lungimirante nella visione del mondo che di lì a pochissimo si sarebbe completamente trasformato da essere conosciuta non meno delle stesse opere di Wharol.

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Che la celebrità non fosse però una cosa così semplice lo si è capito prestissimo, già nel ’69 Charles Manson doveva far massacrare la povera Sharon Tate (insieme a tre amici e al figlioletto che portava in grembo), e negli anni ‘80 John Warnock Hinckley Jr. dopo aver fallito, come Manson la carriera di cantante, doveva provare a uccidere Ronald Regan per farsi notare dalla Forster.

Vi siete mai chiesti perché i social prima, e facebook poi, ci siano piaciuti così tanto da far cambiare tecnologia, convenzioni e rapporti sociali in pochissimi anni come mai prima d’ora?

Semplice. L’ego. La gratificazione personale di ricevere consenso. Un piccolo alito di celebrità.

Per la prima volta nella storia della comunicazione, l’intrattenimento offerto dal mezzo (musica, notizie, video, giochi, ecc), non è protagonista ma subordinato al vero scopo della piattaforma che è l’interazione, NON semplicemente fine a sé stessa (come una volta la chat o i forum), ma alla gratificazione personale tramite consenso (like, follower, seguaci, ecc).

A volte, dove fallisce un’industria miliardaria (televisione), può riuscire un (ex) ragazzino come Zuckerberg e mantenere (quasi) la promessa di un’artista geniale.

Call to action 1 Max rid

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