Dieta Alcalinizzante… si fa presto a dire bufala!

Scorrendo un po’ la time line del mio profilo Facebook, negli ultimi giorni, mi è capitato di imbattermi più volte nella fake news del Premio Nobel del 1931,

bicarbonato-di-sodio

Otto Heinrich Warburg, che avrebbe scoperto nei cibi acidificanti la causa principale del cancro e sarebbe bastata una dieta alcalinizzante per risolvere la piaga.

Inutile dire che nulla di tutto ciò è vero (Warburg vinse il Nobel per la medicina ma non esisteva questa ipotesi nei suoi studi, anzi, quando affrontò il problema del “nutrimento” delle cellule cancerose prese una cantonata).

Come è vero che anche gli studenti al primo anno di medicina sanno benissimo che il nostro corpo DEVE mantenere un PH leggermente acido, pena la morte, e lo fa in maniera assolutamente naturale e continua, indifferentemente dal PH degli alimenti che ingeriamo.

E allora, mi sono chiesto, perché questo continuo alimentare la bufala della dieta alcalinizzante? La risposta è stata semplice: e se non fosse una bufala ma una vera e propria manipolazione?

Prima cosa, avevo bisogno di capire “qui juvat”, a chi conviene, questa manipolazione ?

E qui la risposta è stata immediata, è bastato digitare su google “dieta alcalinizzante” e mi sono comparsi davanti centinaia di integratori, dalle gocce alle pillole, dalla polvere all’acqua, con prezzi variabili dai 15 ai 90 euro a confezione. Insieme agli integratori, poi sono arrivati libri e manuali per il fai da te a casa, più gli indirizzi di un numero incredibile di pseudo-nutrizionisti e pseudo-medici “esperti” della materia.

In un precedente post (quello sulla demagogia), scrivevo le tre regole perché la tecnica della manipolazione potesse funzionare, e cioè:

1)            La presenza di un bisogno (reale o indotto poco importa).

2)            Il ricorso a una soluzione diluibile nel tempo e non immediatamente verificabile.

3)            La possibilità di essere socialmente e mediaticamente diffusa.

 Arriviamo allora alla perfetta aderenza della dieta alcalinizzante con il nostro piccolo schema.

Punto UNO.

Per venderti il prodotto ho la necessità che tu, lettore, avverta questo bisogno. Se non riesco a convincerti che stai mettendo a rischio la tua vita e quella dei tuoi cari perché non bevete acqua alcalinizzante, col cavolo che spendi 50euro per una bustina di 30grammi di polvere di Sali minerali alcalini (il bicarbonato di sodio, fortissimo alcalinizzante, usato da sempre come antiacido e per il recupero dell’acido lattico, costa un euro al chilo!).  Allora, via con le fake news sul premio Nobel e simili.

Punto DUE.

La “soluzione” deve essere NON immediata, e la dieta alcalinizzante, da questo punto di vista, è perfetta. Spendete qualche centinaio di euro l’anno per una cura che non ha alcun effetto e, statisticamente, prima che vi ammaliate (come può succedere a chiunque altro), passeranno un bel po’ di anni e, se ancora vi è rimasta un po’ di intelligenza a quel punto capirete che siete stati truffati, sennò, se siete stati manipolati alla perfezione, darete la colpa a voi stessi per quel panino al salame (altamente acidificante), mangiato 4 anni prima, alle scie chimiche o alla big pharma (un po’ di sana paranoia complottista è sempre alla base di questa teorie astruse).

Punto TRE.

La diffusione mediatica. E questo è il vero capolavoro, il grande cortocircuito della nostra epoca, pieno Medioevo 2.0

Sui social iniziano a girare delle fake news che attirano l’attenzione del pubblico. I giornali (rotocalchi ma sempre più anche i quotidiani), e tv (dall’intrattenimento a Porta a Porta, per dirne uno), per guadagnare lettori trattano la notizia come fosse una semplice notizia di “costume”, così, nello stesso studio, o nella stessa pagina, la notizia insensata se pur sbugiardata dall’esperto di turno, acquista automaticamente un “valore” . Da pura “invenzione” diventa “opinione”. Se poi si riesce a trovare un testimonial, attore in declino o soubrette in cerca di fama, allora il cerchio si chiude in maniera perfetta. La diffusione è assicurata.

E poco importa che qualcuno rinunci alla possibilità (sempre più probabile grazie alla ricerca), di salvarsi la pelle per inseguire una cura sicuramente inutile. Alla fine, si tratta solo di soldi.

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