Omaggio alle Ostriche di Tony

Sette anni fa andava in stampa, commissionato (e pagato), dalla Newton Compton, ma uscito poi – per divergenze artistiche – con un altro editore, una mia guida sulla gastronomia napoletana. Adesso che i diritti sono scaduti e, vista la natura del testo non avrebbe senso una ristampa se non rifacendo il “viaggio” fatto allora, ho pensato di pubblicarlo sul mio blog. Magari a qualcuno potrà interessare. In ogni caso, è gratis.

Premessa.

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Una notte di due o tre anni fa, nello zappingare distratto da un canale all’altro aspettando che qualcosa simile al sonno vincesse la naturale difficoltà ad addormentarmi, capitò d’imbattermi in un signore newyorkese alto e magro che lanciava un servizio da una suggestiva spiaggia francese di mezz’autunno con la promessa che di lì a poco avrebbe raccontato il “sapore delle ostriche” della Provenza.

Ero lì, pronto a sentir parlare di cibo, e invece mi ritrovai a vivere bellissime emozioni sull’infanzia (irrimediabilmente), perduta e sulle cicatrici per la prematura perdita di un padre. Certo, c’entravano anche le ostriche e molti altri alimenti descritti in maniera meravigliosa, con l’ironia e il distacco di chi sa bene che solo gli stupidi hanno l’incredibile virtù di prendersi sul serio, ma si capiva subito che il punto vero era un altro: sovvertire Proust. Per raccontare le radici (non importa se personali o di un popolo), non far entrare semplicemente il “cibo” nella narrazione o letteratura, ma far entrare la narrazione, la letteratura, nel “cibo”. Quel signore si chiamava (e grazie a Dio continua ancora a farlo), Anthony Bourdain.

In quel momento, l’idea che un giorno mi sarei potuto trovare catapultato in qualche modo tra letteratura e gastronomia, storia, ristorazione e pietanze, neppure mi sfiorava, ma quando per una serie di strani e fortunati eventi mi si è presentata la possibilità, le “ostriche di Tony sono state il mio primo pensiero.

Il secondo è stato Napoli.

La location più incredibile che le mie radici potessero regalarmi. Qui, l’esperienza del viaggio, perché diventasse una vera e propria guida pronta a essere utilizzata da qualsiasi viaggiatore che si trovasse di passaggio (per una sola sera o l’intera esistenza poco importa), si è articolata attraverso la scelta di novanta tra ristoranti, pizzerie, trattorie e taverne, frutto di una personale e per nulla scientifica ricerca. Nelle intenzioni c’era quella di raccontare quanto di più rappresentativo, curioso, interessante, alternativo, tradizionale e buono ci fosse a Napoli, e come recita il sottotitolo, che il prezzo fosse alla portata di tutti.

Ovviamente, dubito di esserci riuscito in pieno, di sicuro avrò segnalato locali che a una ulteriore visita avrei escluso e non avrò inserito dei posti che avrebbero maggiormente meritato la mia attenzione. Per questo me ne scuso innanzitutto con i lettori, prima ancora che con gli staff e i proprietari dei locali che non hanno trovato spazio tra queste pagine.

Per ultimo, si tenga a mente che non essendo io uno chef professionista né un critico gastronomico, ma un semplice e umile narratore, mi sono ben guardato dall’esprimere giudizi che andassero oltre la personale opinione, e che, probabilmente, ho piegato un po’ alcune delle esperienze vissute per delle precise esigenze narrative.

Tutto sommato però, rileggendo le pagine di questo libro, credo di poter dire con una certa tranquillità d’aver fatto un lavoro onesto, cercando di dare ai lettori tutte le informazioni necessarie relative ai locali, descrivendo come meglio mi riusciva il tipo di cucina e l’ambiente nel quale avrebbero mangiato, cercando di condividere quanto più possibile di questo viaggio e di questa incredibile città, attraverso i miei occhi e i miei pensieri.

Un po’ come per le “ostriche di Tony”, per capirci…

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