Dopo la tragedia dell’altro giorno gli adulti hanno scoperto il mondo “trap” e, grazie ai social che fanno da meraviglioso amplificatore alla semplicità del pensiero “comune”, stiamo assistendo davvero a una sfilza di chiacchiere ottime per la, purtroppo mai così decaduta, tv del pomeriggio: vuote, inutili e banali.
Si passa dalle offese all’artista in quanto portatore di “valori e idee” abominevoli a quelle ai genitori che “permettono” ai loro figli di ascoltare questa robaccia, passando per quelle a tutti i fruitori di questo genere: gente senza gusto, cervello, aspirazioni o ideali, buoni solo a bere, drogarsi e prostituirsi (le ragazzine).
Eppure, il tema di quanto l’amore di un genitore possa spingersi prima che si trasformi in egoismo e possesso con effetti opposti a quelli prefissi è sicuramente interessante (non a caso ci ho scritto una libro sotto forma di fiaba dal titolo Estelle), ma quando viene trattato in maniera così grottesca (ho letto di schiaffi, sberle e gambe spezzate pur di tenere i figli a casa), diventa patetico oltre che ridicolo.
Così come, voler rimarcare la differenza di oggi con quella de “ai miei tempi” non ha alcun senso, se non quello di indicare la vostra vecchiaia (indipendentemente dall’età), rispetto a quella dei “vostri” ragazzi, oltre, naturalmente, alla vostra ignoranza o, peggio, memoria corta.
Non farò l’elenco delle sostanze cantate dagli idoli dei ragazzi delle generazioni passate (la coca di Vasco, la cocaina di Eric Clapton, l’lsd dei Beatles, e si potrebbe continuare a lungo), ma mi limiterò a due esempi, anzi tre, sull’illusione del controllo.
Il primo è un film dedicato agli adolescenti. Non quelli di oggi ma quelli del 1955, Rebel Without a Cause (in Italia famoso con il titolo, più ammiccante, Gioventù bruciata). Racconta di ragazzi “incomprensibilmente”, agli occhi degli adulti, ribelli (appunto, senza causa).
Col secondo parlo di un libro, dedicato agli adolescenti e agli scandali che facevano con la loro ribellione verso i genitori. Qui gli adolescenti sono quelli degli anni ’30. Magari anche qualche genitore che considerava, dimenticandosi la sua adolescenza, i figli Rebel Without a Cause. Il libro è l’Età del Jazz di F. S. Fitzgerald.
Mi piace poi ricordare gli adolescenti degli anni ’70 – anche questi ribelli senza causa – con i capelli “da donna” e i vestiti da effeminati i ragazzi, senza valori e di facili costumi, per il trucco esagerato e le minigonne le ragazze. Scandalizzavano i genitori, la società, la Chiesa. Per gli adulti, loro non facevano musica ma “rumore”, e non cantavano ma “urlavano” (stiamo parlando dei vari Mina, Battisti, Celentano, ecc ecc).
Sull’idea di controllo dei genitori, e come aggirarla, già nel 1968 l’Equipe 84 con Maurizio Vandelli, davanti al dramma scattato quando il padre della ragazza (molto giovane) si accorge che tra loro l’amore non è platonico ma fisico e la chiude in casa, ha la brillante idea di incontrarla non più di sera (alle 18 – anche se canta alle 6), ma di primo pomeriggio (alle 15 – anche se canta alle 3).
Cosa accomuna quindi tutti questi ribelli senza causa? In realtà la causa, vista la puntale ripetizione del fenomeno in ogni generazione, esiste eccome. In poche parole, la necessità degli adolescenti di formare “branco” per sostenersi a vicenda nella delicata ma indispensabile presa di distanza dai genitori per l’autoaffermazione di sé, passa necessariamente nella condivisione di cose che più sono in opposizione a quelle dei grandi meglio funzionano. Creare muri, barriere, e aut aut è quanto di più funzionale ci sia per fornire una ragione ulteriore alla ribellione.
È stupenda, a questo proposito, la scena dei Simpson quando Nonno Abraham, nel pieno dell’infatuazione per una “giovane” coetanea, davanti all’incomprensione di Homer che gli proibisce l’uso dell’auto (tipico divieto da genitore), corre in camera sua e alza al massimo il volume dello stereo riempiendo la casa con la musica che da ragazzo faceva infuriare il padre, dello scatenatissimo jazz dixieland.
Quello che gli adulti non dovrebbero mai fare, per non rischiare di creare una distanza incolmabile e pericolosa, è NON dare la colpa ai ragazzi per cose per le quali non sono responsabili, ma i responsabili siamo NOI adulti, tipo il controllo delle norme di sicurezza nei locali. Quello che è successo nella discoteca per Sfera Ebbasta poteva succedere in una qualsiasi condizione di caos non regolamentata; dal centro commerciale alla pizzeria, da una festa in piazza a un pomeriggio in acqua park ad agosto.
E gli adulti devono offrire soluzioni, non distribuire facili colpe per sgravarsi la coscienza.