È vero che i talent hanno rovinato la musica italiana? O meglio, perché tanta gente – specie amante della musica – ce l’ha con i talent show canori?

Gaia Gozzi – X Factor e Amici
La prima idea che subito viene a chi un po’ mastica di storia (quella del costume in questo caso), è l’innata e sempre eterna ricerca di un’età dell’oro mai realmente esistita, se non in maniera assolutamente soggettiva e quasi sempre legata a vicende o a situazioni contingenti.
Così il quarantenne rimpiange la musica degli anni ’90, il trentenne quella del 2000 e così via, fino ad arrivare a quelli che stanno vivendo la gioventù adesso che ascoltano le critiche alla “loro musica” come noi ragazzi degli anni ’80 facevamo spallucce quando ci dicevano che Vasco era solo un drogato stonato.
“Eh, ma i cantanti che escono dai talent sono un prodotto commerciale.”
Altro luogo comune durissimo a morire. Ma davvero pensate che ai tempi d’oro del commercio dei dischi le etichette investissero fior di milioni per semplice passione artistica senza pensare a come rientrare dei soldi spesi? Ma sapete che Giuni Russo, Massimo Ranieri, Orietta Berti, Al Bano, Mario Tessuto e tanti altri che – ahi loro – non hanno avuto successo furono spediti a Settevoci? (il primo vero talent “moderno” della televisione italiana). Come dite? Però Ranieri si capiva che fosse un grande? Certo, ma tutti gli altri che non ho elencato no. Esattamente come accade oggi.
“Eh, ma i cantanti dei talent sono prodotti usa e getta, e per loro è pericoloso avere successo e poi perderlo dopo uno o due anni.”
Vero. Lo stesso che accadeva quando una qualunque etichetta ti faceva fare un disco e poi ti metteva nei jukebox, magari eri la hit dell’estate ma poi sparivi. Oppure facevi dischi bellissimi ma poi nel più grande talent della musica italiana – il Festival di Sanremo – venivi buttato fuori. Uno dei più grandi artisti italiani l’ha pagato con la vita. Il successo è una brutta bestia. Sempre. Dal tempo dei gladiatori.
“Eh, ma i cantanti dei talent hanno successo solo perché sono nel talent.”.
Vero. Esattamente come quelli che venivano (o vengono) spinti in radio. Sapete vero che i passaggi radiofonici sono praticamente a pagamento? O pensate che se mandate la vostra bella canzoncina alle radio queste la passano? E sapete che l’ascolto reiterato è alla base del successo di un brano? Dite la verità quando avete ascoltato per la prima volta L’esercito del selfie (o una qualunque di Takashi e Ketra) vi aspettavate che sarebbe potuto entrare a far parte della vostra colonna sonora di quella estate?

Giusi Ferreri con Takaschi e Ketra – press kit
“Eh, ma i cantanti di una volta facevano belle canzoni.”.
Vero. Anche quelli di oggi ne fanno. E anche prima arrivavano al successo canzoni non proprio indimenticabili. Prendiamo un anno a caso pre-talent, il 1981. Tra le hit abbiamo canzoni importanti come Strada facendo di Baglioni e Più su di Zero, ma anche i Ricchi e poveri con M’innamoro di te e l’Hula Hop di Plastic Bertrand. E comunque, quell’anno, anche Phil Collins dovette arrendersi al successo di Nikka Costa.
“Eh, ma oggi per colpa dei talent l’aspetto fisico conta più della voce.”.
Vero. Ma questo è successo almeno dal 1956, anno della Tv in quasi ogni casa. Vi sembrerà assurdo ma Mike Bongiorno è stato il primo sexy simbol maschile partorito dalla tv. Claudio Villa faceva palpitare più cuori di un Achille Lauro qualsiasi. Anna Oxa trionfò per la sua immagine molto più che per la sua voce (tanto è vero che le cucirono addosso una carriera da presentatrice). Nell’epoca pre-talent ma già completamente schiava dell’immagine, gli anni ’80, nacque la moda di far “cantare” bei ragazzi con la voce di altri meno piacenti, clamoroso il caso dei Milli Vanilli, e gli stessi Nick Kamen e Patsy Kensit non diventarono icone mondiali certo per la voce (per non parlare poi delle centinaia di migliaia di copie vendute dai dischi di Non è la Rai).

Patsy Kensit negli anni ’80
“Eh, ma oggi ce ne sono troppi.”.
Vero. Ma anche in passato ogni anno si provavano a lanciare decine di artisti. Quello che è davvero cambiato oggi è che sono diminuiti i costi di produzione e aumentate le piattaforme di distribuzione. Che, in parole povere, vuol dire che per arrivare al successo ci vogliono investimenti in comunicazione che dedicarli a un solo artista è un azzardo davvero notevole. Molto meglio distribuirlo su una ventina di concorrenti e farci un talent…

Elodie a Sanremo
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