E qui, più che il valore letterario, entra la mia passione per quella scintilla che molto di rado vediamo brillare in qualche nostro simile che riesce a farlo sopravvivere al poco tempo che l’esistenza ci concede.
E, valore assolutamente aggiunto, lo fa grazie a una visione fantastica, il più grosso privilegio che, inconsapevolmente, l’evoluzione ci ha regalato.
Se, dopo 300 anni, ancora lasciamo qualche ora in vita Jonathan Swift a raccontarci questa storia, non è certo per la volontà di satira sulla sua società, la corona inglese, le corti europee, la corruzione dell’uomo (ma più della donna, da buon irlandese del tempo), l’inutilità della guerra ecc ecc.
Se decidiamo di farci fare ancora un po’ compagnia da Swift è per la sontuosa fantasia, saccheggiata in questi tre secoli dai narratori di tutto il mondo, non solo “lillipuziano” (dal primo, e più celebre, episodio del libro), è diventato un vocabolo di uso comune in tantissime lingue, ma se vediamo cartoni animati con città sospese oltre le nuvole, cavalli parlanti, morti intermittenti e storie con Paesi abitati da giganti un po’ è anche merito suo.