Se Satana ti entra in classe (perché la magistratura dovrebbe intervenire).

Un’insegnante di religione terrorizza dei bambini con la favoletta di Satana che ruba l’anima, la preside minimizza l’accaduto e i genitori di un bambino traumatizzato (giustamente) si infuriano.

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Questo è quanto è successo in questi giorni, prima metà di marzo del 2019 a Pomigliano D’Arco, cittadina nel napoletano una volta all’avanguardia per la cultura pop in una delle sue declinazioni musicali più interessanti, poi come culla del jazz e oggi “famosa” per altri motivi.

Che uno Stato laico come il nostro subisca ancora questa iattura dell’insegnamento della religione cattolica (e parlo da credente), eredità del Regno Sardo prima e del regime fascista poi, sarebbe già interessantissimo capirlo (specie per noi dell’ex Regno delle Due Sicilie, altrimenti liberi da questo problema).

Ma che addirittura si cerchi di non vedere il problema rifugiandosi nel solito benaltrismo dando la colpa ai genitori che lasciano i figli in balia di tv, tablet e telefonini – quindi potenzialmente esposti a tutto – per poi lamentarsi se vengono traumatizzati da un’insegnante è davvero incredibile.

È bene ricordare qualche semplice nozione legata alla “comunicazione” – e quindi ancora di più a quella che sottende il rapporto insegnante-alunno. Nella comunicazione il mezzo è fondamentatale.

La “liturgia” di una classe non ha nulla a che vedere con la fruizione di un trailer de “L’esorcista” davanti alla tv o al tablet.

La credibilità che si associa (anche inconsciamente) a una persona che riveste un ruolo socialmente riconosciuto è diversa da quella che si riserva ad altre situazioni.

Vi siete mai chiesti perché l’insegnante si trova dietro un banco diverso (cattedra), da quello degli alunni? Perché è l’unica che può guardare tutti mentre gli alunni sono rivolti solo verso di lei? L’insegnante, quando è in cattedra è come un prete all’altare, un medico col camice bianco… è una questione di liturgia per dare un peso specifico alle sue parole.

Un ragazzino difficilmente si traumatizza guardando un trailer di un film horror sul cellulare perché da lì guarda anche Frank Matano, Rovazzi e i video de “I jackal” (o qualsiasi altro cosa guardino i bambini oggi).

Un bambino non si traumatizza per l’orco nelle fiabe perché il racconto fatto dai genitori o chiunque altro presuppone una liturgia completamente diversa che lo proietta immediatamente, col C’era una volta o introduzioni simili, nel mondo del fantastico, dell’allegorico.

Se dalla stessa cattedra ti spiegano che l’acqua a 100 gradi bolle e che Satana ti ruba l’anima, tu vai in confusione e puoi prendere per inconfutabili le due cose.

Si ha la capacità di distinguere tra le due lezioni a 8 o 9 anni? O si è “incapaci” di farlo? Sarebbe interessante che qualche magistrato (visto che attualmente gran parte della politica è correa), se ne occupasse, se non altro per riportare all’attenzione una questione molto più importante di quello che potrebbe sembrare.

Qualche anno fa, la geniale e irriverente serie South Park, in un episodio mostrava proprio i protagonisti traumatizzati dall’incontro con un educatore cattolico e la sua fobia per Satana. Se vi capita guardatela, capire come una gran parte del mondo (gli Stati Uniti), considerano le nostre credenze potrebbe essere illuminante.

Questa è la mia pagina… ti aspetto 😊!

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