Guidare a quest’ora, la strada bagnata che riflette le luci sull’asfalto, è una di quelle poche cose capaci di dargli una certa pace. Fuori è freddissimo, ma in auto Gabriel ha lasciato il giubbotto sui seggiolini posteriori e si è scorciato le maniche del maglioncino nero.
C’è qualcosa di sbagliato nelle luminarie natalizie lasciate in strada quando gennaio sta finendo, pensa. Forse perché da spente si rivelano per quello che sono: ferro, plastica sporca e lampadine. O perché senza i giochi di luce mostrano la vera distanza che le separa le une dalle altre. Inchiodate sui pali a venti metri di distanza senza nemmeno il sollievo di potersi scambiare una parola. Sole, oltre che inutili.
«Àmo! ma stasera sei ancora più di compagnia del solito!», prova a scherzare Sara, prima di tornare a girarsi dietro per parlare con Layla e Tommaso.
«Bro’… ho capito che sei affascinato da questa serata malinconica…», interviene Pisto, cercando a modo suo di scuotere l’amico, «ma non hai bisogno di fare il bel tenebroso… qui già siamo tutti pazzi di te!». Poi aggiunge: «Sara… sei sempre pazza di Gabriel?».
«Da morire!», risponde subito la ragazza, sbattendo esageratamente le palpebre e portandosi una mano al cuore prima di mandargli un bacio.
«Layla! Anche tu pazza di Gabriel?». La ragazzina, messa in mezzo all’improvviso, per un momento si sente persa, poi le facce sorridenti di Pisto e Sara le fanno coraggio: «Da svenire!», porta il palmo della mano alla fronte e in maniera teatrale si lascia cadere sullo schienale a occhi chiusi fingendo di perdere i sensi.
«Io senza di te non potrei vivere!», conclude Pisto e nasconde il volto tra le mani, imitando un pianto dirotto con tanto di singhiozzi e lamenti.
«Siete tre scemi… ok? Volevo solo che lo sapeste…», replica Gabriel, anche se non può fare a meno di sorridere.
Scrivere questa semplice scena che vede quattro dei cinque ragazzi protagonisti di Layla muoversi in una Napoli fredda e malinconica di gennaio mi ha divertito per diversi aspetti. Il primo è che mi piaceva che il lettore entrasse nella capacità innata di Gabriel di ricavarsi momenti di inaspettata solitudine e che quindi, per le prime righe, l’accompagnasse convinto che fosse da solo, così da partecipare – con una certa intimità – all’idiosincrasia del ragazzo per le luminarie tenute oltre stagione che, per le persone dall’indole spiccatamente malinconica (come chi vi sta scrivendo, tra l’altro), possono essere un vero motivo di disagio.
Un aspetto “tecnico”: perché il giochino funzionasse, era necessario poter richiamare l’attenzione del lettore e di Gabriel allo stesso momento. Ho scelto allora che a farlo fosse Sara con la sua bella e seducente irruenza. A seguire il piccolo sfottò sempre affettuoso (e non privo di una certa ammirazione), dell’inseparabile Pisto e finalmente la partecipazione di Layla che sembra essere riuscita, sempre di più, a entrare nel normale flusso di un’amicizia profonda e sincera.
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